Il Monte St Helens entrò in eruzione alle 8:31 antimeridiane del 18 maggio 1980, dopo 123 anni di inattività, con un fragore che venne udito a 320 km di distanza. La detonazione che fece saltare nettamente il fianco settentrionale della montagna, liberando una valanga incandescente di roccia e di cenere laviche dello spessore di 20 km e larga 8 chilometri. Venti della forza pari a quella di un uragano spazzarono la vicina foresta di pini abbattendo gli alberi che una violenta tempesta elettrica diede alle fiamme. Sopra la montagna dilaniata si levò una colonna di ceneri acide alta 14.500 metri. Nel giro di poche ore la polvere aveva percorso 70 km in direzione sud giungendo fino a Portland, nell’Oregon, dove il cielo fu oscurato al punto che gli automobilisti furono costretti ad accendere le luci delle auto nonostante fosse mezzogiorno.
Le eruzioni vulcaniche sono gli avvenimenti più violenti che si possono riscontrare nella natura, come ha dimostrato la spettacolare eruzione dell’Etna degli scorsi giorni. Possono essere ancora più potenti delle esplosioni nucleari ed egualmente devastatrici. Fortunatamente il Monte St Helens è situato in una regione relativamente poco abitata dello stato di Washington negli Stati Uniti. Nonostante questo persero la vita in 60 e i danni si contarono in miliardi di dollari.
Le piogge di detriti vulcanici, le ricadute piroclastiche, sono una caratteristica comune delle eruzioni. La cenere viene lanciata dal vulcano insieme con getti di gas, allorché il magma ribollente è espulso attraverso i canali o le aperture che mettono in comunicazione il mantello (lo strato interno) terrestre con la superficie esterna. Le ceneri possono sconvolgere l’equilibrio ecologico e provocare in molte maniere alterazioni durevoli e di vasta portata. Il semplice peso della cenere, per esempio, può far crollare il fogliame degli alberi e dei cespugli. la cenere grigia che rimane depositata sulle foglie impedisce il passaggio della luce solar e quindi lo svolgersi del processo di fotosintesi. Le foglie possono essere danneggiate anche dal sale contenuto nelle ceneri umide.
Un’indagine eseguita da R.J. Cook del ministero dell’agricoltura degli Stati Uniti e dalla Washington State University ha permesso di calcolare che le eruzioni del Monte St Helens hanno provocato, soltanto negli stati orientali degli Stati Uniti, una perdita stimata intorno ai 100 milioni di dollari solo di raccolti perduti. Il silicato contenuto nelle polveri vulcaniche è paragonabile a vetro macinato, per cui le ceneri trasportate dal vento posso provocare l’arresto delle macchine, compresi i motori delle automobili. Un danno maggior provocano le nubi di cenere alla quota di crociere dei voli di linea commerciali, come ha dimostrato l’eruzione del vulcano islandese nella primavera del 2010. Il silicato può produrre anche delle scorticature nella pelle degli animali la lavoro, mentre i denti degli animali al pascolo vengono danneggiati con effetti durevoli sull’apparato digerente, appunto che può sopravvenire la morte.
Dopo il disastro del Monte St Helens si è trovato che nella zona sinistrata gli insetti erano praticamente scomparsi. In parte erano rimasti vittime del peso della cenere contenuta nell’atmosfera, che rendeva difficile il volo, altri erano morti perché le particelle abrasive portate dall’aria ne avevano distrutto lo strato di cerca epicotilare.