La teoria della relatività, formulata da Einstein nel 1905, contiene fra gli altri suoi risultati il ben noto principio dell’equivalenza fra massa ed energia E = Mc2 dove E rappresenta l’energia, M la massa e c la velocità della luce nel vuoto: c = 3 • 10cm./sec. Tale relazione porta a risultati, alcuni dei quali sembrano contraddire il comune buon senso o dei principi fondamentali come ad esempio quello della conservazione della massa, ben stabilito e verificato nelle reazioni chimiche. Si hanno, a dire il vero, differenze tra la massa totale dei reagenti e quella dei prodotti di reazione anche nelle reazioni chimiche, ma queste differenze sono così piccole (data la modesta quantità di energia sviluppata od assorbita in tali reazioni) da sfuggire al controllo sperimentale. La situazione è ben diversa nel campo della fisica nucleare ed è proprio qui che il sopraccitato principio einsteiniano ha avuto le sue piú convincenti conferme.
Considerazioni energetiche sulle reazioni nucleari
In fenomeni che coinvolgono uno o pochi nuclei, le unità di misura dell’energia, che si usano nella fisica macroscopica sono troppo grandi e si è convenuto di assumere in tali casi come unità di misura l’elettrone volt, definito come l’energia che assume un elettrone quando è accelerato da una differenza di potenziale di un volt; si hanno allora le seguenti relazioni:
1 eV = 1,6 • 10-12 erg = 3,8 • 10-20 calorie
Consideriamo ora una qualsiasi reazione nucleare, per esempio la seguente:
Li + n —-> 4 He +H
Tale processo avviene con elevata probabilità con neutroni lenti, ossia con neutroni che incidono sul nucleo di litio con energia cinetica praticamente nulla; in tal caso se, come di solito accade, anche il nucleo di litio è praticamente fermo prima dell’urto, l’energia cinetica delle particelle reagenti si può considerare nulla. Invece i due prodotti della reazione sono dotati, come si vede sperimentalmente, di una energia cinetica notevole: 4,8 • 106 eV globalmente. Ciò sarebbe in contraddizione col principio della conservazione dell’energia, se non si tenesse presente la relazione di Einstein.
Se si fa allora il bilancio energetico della precedente reazione si trova:
(Mi + Mn) C2 = (M e + M ) C2 + Q, dove con Mi, Mn, He, M sono indicate le masse dei partecipanti alla reazione, e con Q la tonalità termica. Il significato di tonalità termica è lo stesso che nel caso di reazioni chimiche: tonalità termica positiva significa liberazione di energia nel processo, tonalità negativa significa assorbimento di energia. Introducendo nella precedente relazione le masse dei reagenti si calcola Q:
Q = C2 (M i + Mn- Me – M ) e il risultato è in ottimo accordo col valore sperimentale di 4,8 • 166 eV.
Tale valore corrisponde a 7,7 • 10-6 erg o anche a 7,9 • 10-14 chilogrammetri: l’energia liberata in un solo processo nucleare di questo genere è veramente piccola e priva di importanza in campo macroscopico. Per sviluppare una potenza di un Watt in tal modo occorrerebbero 1,3 • 10 reazioni del tipo di quella considerata, ossia almeno 1,3 • 10 neutroni lenti incidenti al secondo sopra uno strato di 6/3Li. Ma consideriamo il caso di un 3 altro processo nucleare, cioè quello della scissione indotta dai neutroni: in tal caso circa 2 • 10 eV sono liberati in una scissione, ossia questo è un processo assai piú esoenergetico. Inoltre si sa che è possibile mediante le scissioni intrattenere una reazione a catena; infatti un reattore nucleare è essenzialmente un sistema contenente uranio ed altri materiali opportuni, in cui i neutroni liberati in una scissione sono sfruttati per produrre altre scissioni nell’uranio dello stesso reattore.
La nascita dei reattori nucleari
Si è potuto fin dal 1942 produrre una reazione a catena: lo sviluppo di energia in scala macroscopica è stato possibile a spese della distruzione dell’uranio contenuto nel reattore, in quanto ogni scissione produce 2 • 10 • eV = 3,2: • 10-4 erg e fa scomparire un nucleo di uranio. Supponiamo ora che in un dato periodo del funzionamento di un reattore venga distrutto un grammo di 235U (che è il solo isotopo dell’uranio che dà luogo a scissione con neutroni lenti): ciò dà luogo alla produzione di un’energia di 8,3 • 10 erg, o 8,5 • 10 chilogrammetri. Supponendo che nel reattore possa venir distrutto circa un grammo di U al giorno (il che è perfettamente possibile) si ha che il reattore funziona a una potenza di circa 1000 kW. E si badi che i dati precedenti si riferiscono ad un reattore di piccola potenza, in quanto esistono impianti che sono capaci di fornire potenze di 100.000 e 1.000.000 di kW.