Per decenni un’autentica chimera: la fusione nucleare si promette di regalarci un’energia pulita, sicura, economica, in quantità tale da soddisfare tutti i nostri bisogni. Attualmente come sappiamo le centrali nucleari moderne sfruttano il principio della fissione nucleare controllata. I problemi che gli scienziati hanno incontrato nella fusione nucleare che i ripetuti annunci sono apparsi fin da sempre sensazionalistici e privi di un’effettiva concretezza che rappresentasse una svolta. Oggi la fusione nucleare è ancora un sogno al quale si dedicano scienziati, centri di ricerca e tecnici di tutto il mondo, impegnati a ottenere le innovazioni e gli strumenti necessari per realizzare una centrale nucleare a fusione.
Già negli anni ’80, con il clamore rappresentato dai gravi incidenti di Three Miles Island e Chernobyl si erano avanzate delle date approssimative per riuscire a mettere insieme le tecnologie per costruire un reattore nucleare a fusione. Una data che veniva spesso indicata era quella del 2010, poi quella del 2020. Secondo le ricerche attuali non sarà possibile avere un reattore nucleare a fusione (che sostanzialmente simula le reazioni ad alte pressioni tipiche delle stelle) prima del 2050. Il progetto di più ampio respiro è quello denominato ITER, che può vantare su diverse decine di miliardi di euro di budget e che mira solamente a dimostrare come sia possibile ottenere l’eccedenza di energia utilizzabile a partire dalla fusione nucleare. Quindi non si tratta nemmeno di una prima centrale atomica sperimentale, ma di un progetto destinato a confermare la validità scientifica dell’assunto, sperando che appunto entro 30 anni da quella data, si ottenga il primo vero reattore per la produzione di energia consumabile.
Il campo complesso della fisica nucleare ha prodotto due risultati nel frattempo di sicuro impatto. Il primo teorico ha dimostrato che i nuclei di atomi pesanti, come il plutonio e l’uranio, possono essere scissi in particelle più piccole, liberando grandissime quantità di energia. Questo procedimento è chiamato “fissione nucleare” e avviene per mezzo del bombardamento di nuclei atomici pesanti, gli elementi radioattivi della tabella periodica, contraddistinti da un alto numero atomico. In un reattore nucleare basato sul principio della fissione, si ottiene lo stesso tipo di reazione, impiegando materiale fissile che produce una reazione a catena di liberazione dei neutroni. Queste particelle entrano in collisione con altri nuclei posti in un’apposita pila, per creare una serie controllata di fissioni nucleari, che possono essere tarate utilizzando materiali moderatori come la grafite, che assorbono i neutroni, impedendo così la reazione incontrollata tipica delle esplosioni nucleari. Il principio della fissione priva del moderatore è dietro il funzionamento dell’ordigno atomico che ha raso al suo Hiroshima nel 1945. Il primo reattore nucleare a fissione fu teorizzato e costruito sotto la supervisione di Enrico Fermi, il grande fisico italiano, premio Nobel nel 1938.
Il secondo risultato acquisito è stato quello di comprendere bene le reazioni che trasformano la massa in energia all’interno delle stelle. In questo caso le grandi pressioni all’interno di un corpo di quelle dimensioni, con una tale massa e quelle alte temperature, sono in grado letteralmente di fondere gli atomi leggeri, trasformandoli in atomi via via più pesanti, attraverso la fusione di più nuclei. Il punto, per riprodurre una piccola stella in un reattore, è quello di aver a disposizione il combinato di pressione, temperatura e materia. Mentre per le prime due non esiste un problema, perché siamo in grado di simulare alte pressioni e di aver materia da fondere in grande quantità (l’idrogeno è una risorsa quasi infinita), la vera sfida riguarda l’alta temperatura richiesta per innescare le reazioni. Nel progetto ITER si intende produrre del plasma attraverso complesse interazioni elettromagnetiche, che dispensino dalla necessità di impiegare energia per produrne dell’altra (calore).