Le scorie radioattive rappresentano il materiale di scarto di ogni attività compiuta utilizzando del materiale fissile, rappresentato da metalli pesanti come l’uranio o il plutonio. Dal punto di vista della materia esse si presentano molto più spesso in forma gassosa o liquida, piuttosto che solida e rappresentano un problema irrisolto per tanti paesi. Solitamente si pensa che la maggior parte delle scorie provenga dagli arsenali nucleari in via di dismissione. Ciò è vero solo in parte. In realtà i combustibili radioattivi vengono utilizzati per far funzionare le centrali nucleari in tantissimi paesi, compresi alcuni europei molto vicini all’Italia. Inoltre l’enorme sviluppo delle tecniche di medicina nucleare hanno portato ad accumularne sempre più rendendo necessaria l’istituzione di depositi nazionali. L’Italia non ha ancora risolto questo problema e per anni ha pagato dei paesi stranieri perché facessero lo stoccaggio al suo posto.
I principali depositi radioattivi europei si trovano quasi tutti nel Nord Europa per un semplice motivo geologico: è la parte meno lontana dalle faglie e dalle fratture della crosta terrestre, sono dunque zone a sismicità praticamente nulla, in aree a scarsa densità demografica. Uno dei più grandi depositi si trova a La Hague in Francia, ma c’è anche un problema di sicurezza legato a questi posti che pertanto conoscono quasi sempre un periodo di temporaneità. L’obiettivo dei governi è quello di individuare aree sicure, per farne un deposito permanente.
Il problema dei residui radioattivi è cruciale dunque per un ulteriore sviluppo del nucleare come prima fonte energetica. Anzi, si può dire che esso è il problema dei problemi in quanto investe non solo la generazione attuale, ma anche quelle future, a causa del lungo indice di decadimento delle molecole. Le tecniche di trattamento delle scorie sono molto migliorate negli anni, oggi tendono a trasformare gli scarti in nuclei con un periodo di decadimento minore, rispetto ai 300 anni che di norma vengono indicati. In Italia si stanno ancora smaltendo i prodotti di lavorazione delle 3 centrali nucleari dismesse attraverso il referendum del 1987, confermato da un pronunciamento del 2011. Non possedendo armi nucleari o dei mezzi a locomozione nucleare, il nostro apporto è veramente minimale, limitato alle vecchie politiche del passato e alla medicina nucleare. Ad ogni buon conto ci sono dei seri problemi politici circa l’individuazione del deposito permanete: le poche aree non sismiche si limitano ad alcune regioni del Nord Italia, densamente popolate e ricche di infiltrazioni acquifere e alla Sardegna, normalmente considerata l’unica regione italiana priva di terremoti. Tuttavia le amministrazioni locali si sono già dette contrarie.