La fine degli anni Novanta e l’epoca successiva, post 11 Settembre, son state caratterizzata da una forte instabilità internazionale, con focolai regionali divampati pressoché ovunque. All’epoca della Guerra Fredda ciò era quasi impossibile per via della politica dei blocchi contrapposti, che sotto la minaccia di una guerra nucleare, lasciava poco spazio a guerre regionali in settori strategici. Dopo la guerra di Corea, URSS e USA (e anche Cina) non si sono più affrontate sul terreno, lasciando spazio a scaramucce e confronti diplomatici, mantenuti vivi per effetto della deterrenza. Negli anni più “caldi” della Guerra Fredda, i blocchi avevano a disposizioni migliaia di missili balistici e da crociera, capaci di colpire a distanza, con precisione, senza l’impiego di bombardieri strategici. I mari erano solcati da grandi sottomarini capaci di colpire con missili carichi di testata nucleare.
La teoria della deterrenza nucleare nasce come principio della pace, basato sulla mutua distruzione totale assicurata. Gli scienziati e gli esperti militari dei due blocchi erano assolutamente convinti che qualunque guerra fosse scoppiata tra Occidente e mondo comunista, essa sarebbe stata l’ultima, quella più distruttiva. Questa tensione era ancora viva negli anni ’80, basta vedere l’effetto culturale di un film per la televisione come The Day After, il giorno dopo. La deterrenza aveva senso solo se le due parti fossero state in parità, in termini di armamenti. E questo era il caso. Nel fronte della Germania Occidentale, la frontiera più calda del mondo (con l’isola di Berlino nella parte orientale) erano ammassate truppe e mezzi. Gli strateghi militari sovietici pensavano che dando il primo colpo, basato su un massiccio bombardamento atomico delle forze della NATO, i cingolati dell’Armata Rossa avrebbero potuto spadroneggiare nelle vaste pianure settentrionali della Germania e sfondare fino a Parigi. Ma sia loro, che la controparte americana, che aveva puntati sui principali obiettivi russi i missili balistici con testata nucleare, avrebbero marciato su una terra distrutta e desolata. L’efficacia delle bombe atomiche era resa evidente oltre che dai test, anche da Hiroshima e Nagasaki. E le bombe progettate in seguito erano notevolmente più potenti. Dunque la deterrenza si basava sul principio della distruzione. “Non ti colpisco per non distruggerti, non attaccarmi altrimenti ti distruggo”. Paradossalmente le armi nucleari hanno salvato l’Europa da una deflagrazione totale, che appariva sicura all’apice dello scontro ideologico e politico tra URSS e USA. Il piano di riduzione degli armamenti prosegue: gli USA hanno espanso la loro area di influenza fino ai territori baltici, la Russia tenta di ristabilire la sua potenza estendendo i suoi artigli sul Mar Nero.