Ormai siamo abituati a vedere il panorama delle montagne italiane spesso costellate di grosse turbine, grandi mulini a pala che girano lentamente sospinti dal vento. Non capita ovunque, principalmente sulle dorsale appenniniche, in Sicilia e in Sardegna. A differenza del Sole, l’energia del vento in Italia rappresenta ancora una super nicchia per il motivo molto semplice che gran parte del territorio nazionale è protetto dal vento. L’Italia settentrionale ha le Alpi che la proteggono dai forti venti, con eccezione degli estremi dell’arco alpino dove possono soffiare correnti molto forti (come il caso della bora a Trieste); anche gli Appennini fungono da barriera per proteggere buona parte del centro dai venti più forti. Così l’esposizione a tutti i quadranti avviene sicuramente in Sardegna e in Sicilia e nelle vette dell’Appennino meridionale.
L’utilizzo del vento come fonte di energia primaria è molto promettente e consentirà di produrre una percentuale di energia sufficiente per far abbassare la quota della bolletta energetica che ogni anno paghiamo. L’Italia affronta due problemi: è ricca di energia idroelettrica, ma principalmente al Nord; non ha accesso alle fonti di energia da carbon-fossile in quanto è sprovvista di miniere di carbone e di grandi giacimenti di petrolio e gas naturale; inoltre ha intrapreso una politica di avversione all’utilizzo del nucleare.
Il vento è una delle forme di energia più antiche. A livello climatico esso si forma grazie al concorso tra riscaldamento solare e rotazione terrestre. La differenza di temperatura del riscaldamento crea le correnti. L’utilizzo della spinta del vento risale a 5000 anni prima di Cristo ed è testimoniato, nella storia, dal prepotente sviluppo della navigazione a vela, la prima a usare il vento come fonte diretta di locomozione. Successivamente fu impiegato in modo esteso nei mulini per azionare le macine necessaria alla raffinazione del granturco e del frumento. In Europa come in America si potevano vedere giganteschi mulini a vento, che aiutavano l’uomo nell’agricoltura. Fu la rivoluzione industriale e precisamente l’invenzione della macchina a vapore a decretare la morte prematura dell’energia eolica.
Si deve all’inquinamento da idrocarburi la riscoperta del vento. Un megawatt di energia eolica consente un risparmio di 2600 tonnellate di anidride carbonica nell’atmosfera. L’inquinamento da biossido di carbonio dovuto a scarichi industriali e alle emissioni di auto e aerei, sta producendo un devastante cambiamento climatico che gli scienziati chiamano “riscaldamento globale”. L’emergenza del “global warming” ha posto ai governi di tutti i paesi l’urgenza di adottare il ricorso a fonti di energia alternativa: nucleare pulito, solare, da biocarburanti e dal vento. All’inizio, quando si iniziarono a progettare i primi parchi eolici, c’erano grosse preoccupazioni sull’impatto ambientale: alcuni temevano che i parchi eolici avrebbero danneggiato gli uccelli, altri li consideravano troppo impattanti sul profilo panoramico dei luoghi.
I dati dicono che oggi in Italia abbiamo una produzione di energia eolica pari 8,66 Gee, al quinto posto a livello europeo. I parchi eolici sono installati in quasi tutte le regioni, ma principalmente in Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Emilia-Romagna, Lazio, Molise, Puglia, Sicilia e Sardegna.