Le ricerche del petrolio cominciarono in modo serio e organizzato soltanto verso la metà del XIX secolo. Fino allora la scoperta fatta dagli Arabi e dai Persiani, al principio dell’era cristiana, che il petrolio grezzo può essere trasformato per distillazione in un olio abbastanza leggero da bruciare in una lampada restava un fatto di importanza secondaria. In seguito, mentre la rivoluzione industriale, basata sull’uso del carbone, iniziava il suo corso, la richiesta di olio da illuminazione, che occorreva alle nuove città manifatturiere, si fece sempre più robusta.
Il primo ad aver fortuna nella ricerca fu il colonnello Edwin Drake che nel 1859 in Pennsylvania, perforò un pozzo profondo 21 metri. Diversamente dalla maggior parte dei moderni impianti di perforazione, il pozzo scavato da Drake raggiunse un deposito molto più vicino alla superficie del normale (di solito i depositi si trovano a profondità comprese fra i 150 e gli 800 metri), ma il deposito era tipico per il fatto che l’olio era imprigionato in un arco di roccia impermeabile. La ricerca geologica che rimane il primo passo di ogni esplorazione petrolifera, di regola comincia con la compilazione di una carta particolareggiata, redatta in base a fotografie aeree, riprese agli infrarossi satellitari e analisi computerizzate. Le caratteristiche superficiali rivelate dalla prospezione aerea forniscono dati in merito alle formazioni rocciose sotterranee e definiscono i distretti degni di esplorazione più accurata. Altri elementi in merito alla natura della roccia vengono acquisiti estraneo campioni ed esaminandoli. Ma questo non è che il principio. Prima di affrontare l’alto costo di un impianto di ricerca, il geologo deve utilizzare ogni tecnica del suo armamentario per mettere pazientemente insieme una rete di indizi, come fa un investigatore per scoprire un delitto. Un metodo consiste nel servirsi dei diversi gradi di magnetismo delle varie rocce. Queste differenza danno luogo a distorsioni localizzate del campo magnetico terrestre, che possono essere registrate su un magnetometro. Servendosi di uno strumento portato su un aereo che voli ad altezza costante, seguendo linee di volo disposte secondo una rete precisa, un geologo può sperare di vedere nel terreno e creare una rappresentazione della formazione rocciosa.
Le ricerche di questo tipo si eseguono rapidamente e costano poco, ma i risultati notoriamente sono di difficile interpretazione, per cui il loro valore è limitato al ruolo di esplorazione preliminare. Le formazioni rocciose che più probabilmente conterranno il petrolio possono essere localizzate provocando un’esplosione della crosta terrestre e studiano il modello delle onde d’urto che sono stati riflesse dagli strati sottostanti. Dei rivelatori posti in superficie rivelano e registrano l’intensità e il tempo di arrivo delle onde d’urto provocate da un’esplosione. Con un elaborato procedimento si può ricavare il profilo degli strati presentandolo direttamente sul computer sotto forma di diagramma.