I gravi fenomeni di inquinamento da petrolio si verificano nel caso di incidenti a grosse petroliere quando si incagliano su scogli costieri, ma il rischi di inquinamento è anche associato ad altre operazioni in mare. Ad esempio, le petroliere di grossa stazza spesso sono servite, per l’imbarco e lo sbarco del carico, da piccole navi che possono entrare in porti poco profondi. l petrolio prodotto da pozzi offshore è pompato entro navi cisterna ancorate a massicci ormeggi, le quali caricano e scaricano all’estremità di lunghi pontili per mezzo di condotti di collegamento. Nel caso della perdita di petrolio della piattaforma BP nel Golfo del Messico, c’è stata una vera e propria falla che ha provocato miliardi di dollari di danni e richieste di risarcimento astronomiche da parte delle comunità locali e federali. In ogni operazione c’è il rischio di una fuga di petrolio per la rottura di un qualche punto delle tubazioni.
Un modo di ridurre gli effetti delle dispersioni di petrolio è quello di prevedere in anticipo dove esse stanno per prodursi, ricorrendo all’ausilio di speciali programmi di computer che analizzano le evenienze di questo tipo. Programmi appositi prendono in considerazione fattori come il vento, l’evaporazione, le correnti e la miscelazione con l’acqua di mare, e quindi anticipa quando e dove una data quantità di petrolio disperso finirà su un litorale minacciato.
La presa di coscienza da parte dell’opinione pubblica per quanto riguarda il problema inerente al trattamento delle chiazze di petrolio si ebbe nel 1967, dopo l’affondamento della Torrey Canyon al largo del promontorio Land’s End: il tentativo di dar fuoco al carico di petrolio si rivelò inefficace dato che è estremamente difficile bruciare le chiazze oleose galleggianti. Altre tecniche per trattare le dispersioni di petrolio sulla superficie del mare consistevano nell’asciugarle con la paglia oppure nel colarle a picco usando un materiale più pesante dell’acqua, ma con gravi pregiudizi per i fondali. Oggi le tecniche più usate riguardano anzitutto il contenimento delle macchie, il controllo delle correnti e l’utilizzo di materiale organico, come dei speciali batteri che riciclano letteralmente il materiale organico, ripulendo la superficie. Il danno maggior però arriva sulle coste sotto forma di marea nera, un lenzuolo putrido e viscoso, che inquina la spiaggia, il fondale, e coinvolge le specie animali dell’ecosistema, come dimostrano le ormai famigerate foto dei cormorani inzuppati di petrolio. Una maggior sicurezza dovrebbe essere data dalla regolamentazione delle rotte marine, che spesso lambiscono aree protette, come è il caso in Sardegna delle Bocche di Bonifacio.